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Il fiato di Dio
Il tempo di Pentecoste invita i credenti ad alzare gli occhi verso tutti
i popoli della terra, a guardare la famiglia umana sparsa sul pianeta.
Perché prima di essere di un certo paese, di una certa cultura, di
una certa religione, noi siamo dei terrestri, degli abitanti del pianeta.
Prima di essere del Nord o del Sud, neri o bianchi, noi siamo cittadini
del mondo, degli appartenenti alla famiglia umana.
Prima di avere quella responsabilità, questi titoli, quella "etichetta"
che ci racchiudono, noi siamo esseri umani con una dignità che fa
parte di noi stessi e che nessuno ci può togliere. Prima di essere
problemi, noi siamo persone.
Il fiato di Dio, che è fiato di vita e di amore, è diffuso
sulla famiglia umana, su ogni popolo, su ciascun essere umano, in un modo
che a noi sfugge.
Il fiato di Dio non è prigioniero di alcuna istituzione, o struttura,
di alcun organismo. Esso ignora le frontiere e nessuno se ne può
appropriare o può confiscarlo.
A Gesù, il giovane profeta di Nazareth, non è mancato questo
fiato. Egli ha in sé il respiro di Dio. Quando vediamo il modo in
cui ha guidato la sua esistenza, le scelte che ha imposto, i comportamenti
da lui adottati, le parole che ha pronunciato, ne abbiamo il fiato mozzo!
Fino al suo estremo respiro, Gesù ha proseguito nel suo cammino,
donandoci la vita.
Ci capita di essere soffocati e persino di perdere fiato. Noi desideriamo
che la nostra Chiesa riprenda fiato. Allora è giunto il momento di
accogliere lo Spirito della Pentecoste, mettendoci sulle labbra l'antica
preghiera della Chiesa:
"Vieni Santo Spirito nei nostri cuori...
lava ciò che è sporco
bagna ciò che è arido
guarisci ciò che è ferito
ammorbidisci ciò che è rigido
scalda ciò che è freddo
rendi giusto ciò che è sbagliato".
Jacques Gaillot
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